Patrick Kelly Taiji

Scrivere nell’aria muovendosi come l’acqua

Quando ci si avvicina al Taiji spesso si ha una vaga idea di che cosa sia. A volte ce lo consiglia il medico poiché ci sono sempre più studi che confermano la grande utilità di questa pratica dal punto di vista della salute fisica e mentale. Alcuni lo apprezzano per la sua bellezza, affascinati da questa sorta di danza i cui movimenti riflettono l’armonia della natura: il fluire dell’acqua, l’elasticità del legno, l’espansione del fuoco. C’è chi preferisce invece l’aspetto marziale, la lotta raffinata ed elegante che ci porta infine a scoprire che l’unico vero nemico da combattere è dentro di noi ed è ciò che blocca la crescita interiore. Il lavoro con il compagno di pratica diventa uno strumento prezioso per comprendere le proprie debolezze e le proprie forze. Liberandosi dal desiderio egoistico di competere e prevalere, ci si aiuta a vicenda attuando la possibilità di superare i propri limiti e quella di aiutare gli altri a valicare i loro.

Questa pratica millenaria offre un sistema che ci aiuta a comprendere che nell’essere umano non esiste solo il piano fisico, ma un piano energetico e anche qualcosa oltre. Al fine di sperimentare questo si termina ogni lezione con la meditazione, dopo avere lavorato sui cinque esercizi di rilasciamento, la forma breve, la forma lunga, la forma veloce e il lavoro a coppie. Il Granmaestro Zheng Manqing (Maestro del Granmaestro Huang) diceva che l’arte marziale è utile, ma non è importante, la coltivazione interiore è l’aspetto più nobile di questa magnifica arte. Ci sono tante scuole di Taiji, ma la maggior parte dei principi cardine di questa disciplina sono comuni a tutti gli stili, altri danno luogo a dubbi e a differenti interpretazioni, dato che le traduzioni arrivate fino a noi, sono di difficile comprensione.

Quando iniziamo la pratica del Taiji riceviamo degli strumenti di base che serviranno durante tutto il percorso. Similmente a come impariamo le lettere dell’alfabeto prima di potere scrivere le parole e in seguito le frasi, i temi, i racconti, i romanzi, così è necessario fin da subito, nell’eseguire i 5 movimenti di rilasciamento, fare attenzione al tipo di mente con cui lavoriamo, al respiro, all’allineamento, al rilassamento, all’accuratezza del movimento, alla postura eretta, alla stabilità. Nello scrivere dobbiamo imparare la direzione della scrittura, a riprodurre correttamente l’ordine dei tratti, a non uscire dalle righe o dai quadretti, a tracciare una scrittura elegante, chiara, regolare, insomma cerchiamo di produrre una calligrafia. La Via della scrittura Shu-fa nell’Asia orientale è ancora oggi considerata un’arte importante, una delle 5 eccellenze insieme con la Poesia, la Pittura, la Medicina e il Taiji, eccellenze in cui Zheng Manqing era Maestro. Nella scrittura dei sigilli la forma dei tratti aveva linee curve e unite ed era difficile distinguere dove iniziasse o finisse la singola linea. Ai praticanti di Taiji questi concetti ricordano il movimento fluido, armonioso e continuo del corpo che esegue la forma.

La Mente Profonda Taiji Patrick Kelly

La Mente Profonda Xin: Intenzione Yi, Consapevolezza DingJin, Intelligenza Shēnzhì

Questa Via di raffinamento ci porta a lavorare contemporaneamente sulla nostra parte fisica, (piano fisico-eterico o corpo profondo), sulla parte emotiva (piano astrale o emotivo profondo) e intellettiva (celestiale o mentale profondo) grazie ad uno strumento che la nostra scuola chiama la Mente Profonda. Possiamo farci una vaga idea di cosa sia la Mente profonda pensando a quello che accade ogni notte quando andiamo a dormire. Dallo stato di veglia la coscienza scende a piani diversi, passando da uno stato superficiale a livelli sempre più profondi fino a che ci addormentiamo. Posso portare quel tipo di Mente nella pratica del Taiji? Posso al bisogno connettere quella Mente nella vita quotidiana? A cosa è utile? Sono domande che lascio aperte in modo che ognuno di voi ci possa riflettere.

Mi diverto ogni tanto a pensare alla caduta di Alice nella tana del Bianconiglio, scivola a lungo in uno spazio ampio e profondo, gli oggetti della mente superficiale continuano a girarle attorno finché arriva in basso dove passa 5 porte (i sensi interni?). Le apre e le attraversa, ma si trova di fronte all’ennesima porticina, piccolissima e nascosta da una tenda. Alice ha una dimensione che non le permette di entrare. Dopo essersi nutrita di qualcosa che è stato cotto due volte, avere sofferto e avere bevuto un liquido che porta nella giusta direzione da una boccetta verde, sarà diventata della giusta misura. Passerà attraverso la serratura forse ignara che lei stessa è la chiave.

Dopo avere imparato a muoverci nello spazio, lungi dall’essere proiettata verso l’esterno attraverso i cinque sensi: vista, odorato, tatto, gusto, udito, la Mente viene amplificata verso l’interno alla ricerca delle sensazioni profonde del corpo o sensi interni: formicolio (dato dai recettori del dolore) pienezza (data dai recettori della pressione) calore (dato dai recettori della temperatura) sensori delle articolazioni, sensori delle fasi muscolari e della pressione. Mentre pratichiamo la forma, invece di portare la mente su oggetti esterni o semplicemente lasciarla vagare automaticamente a suo piacimento da una associazione all’altra, la ancoriamo ai sensi interni. Abbiamo la possibilità di sentire queste sensazioni grazie a quella parte Yin, ricettiva e passiva della mente che ascolta in profondità nel corpo: la consapevolezza, Ding JInn in cinese. Possiamo anche muoverle grazie all’aspetto Yang attivo, l’intenzione, Yi in cinese, che nasce da un profondo e chiaro sforzo di volontà. L’unione di questi due aspetti della Mente genera la parte neutrale o conciliante Yong, l’Intelligenza Shenzhi in cinese, quella parte che è giunta alla conoscenza grazie all’elaborazione delle informazioni date da consapevolezza e intenzione.

Anche nel nostro sistema nervoso abbiamo questi tre tipi di funzioni. A grandi linee, i neurotrasmettitori che trasmettono l’impulso, possono fare, ma non sentono, non hanno consapevolezza di quello che stanno facendo, i neuroni sensoriali che ricevono gli stimoli, sentono ma non possono fare, invece i neuroni processori o interneuroni, analizzano gli stimoli di senso in ingresso e coordinano quelli in uscita, modulando e integrando le risposte.  

Quando eravamo bambini abbiamo dovuto perseverare per riuscire a muovere i primi passi. Inizialmente il corpo era goffo, poco rispondente, ed era molto facile perdere l’equilibrio. Grazie all’intenzione di volere procedere, magari per afferrare qualche cosa che desideravamo, ci siamo spinti a oltrepassare i nostri limiti finché è nata una particolare intelligenza corporea che ci ha permesso di camminare naturalmente. L’intelligenza è la terza forza, il prodotto di consapevolezza e intenzione che si sviluppa al livello su cui stiamo lavorando.

Molti mi chiedono come mai non possano eseguire movimenti liberi a loro piacimento, concentrandosi solo sulla fluidità, invece di seguire delle regole e delle figure specifiche. Il Taiji è una disciplina, non è la forma espressiva di quello che abbiamo voglia di fare in un dato momento, seppure possa essere liberatorio e gradevole, non è il fine di questa pratica. Seguire la spontaneità e la naturalezza coincide con il trovare quella spontaneità e naturalezza all’interno di movimenti codificati da migliaia di anni allo scopo di raffinare mente e corpo.

Il solo fatto di non riuscire a fare un movimento come viene richiesto ci permette di vedere dove il corpo non risponde al comando della nostra mente. È grazie a questa osservazione che vediamo i nostri limiti, le difficoltà, gli errori e impariamo a correggerci utilizzando consapevolezza e intenzione per sviluppare l’intelligenza e quindi la capacità di fare quel movimento correttamente. Per analogia, è come tirare una freccia verso il centro di un bersaglio ogni volta che tiriamo, o divertirci a tirare frecce qua e là per sentire il suono o per ammirare il volo. Nel primo caso avremo un target preciso e quando non riusciremo a colpirlo avremo un punto di riferimento che ci mostra che dovremmo cambiare qualcosa, perseverare nel “correggere il tiro” ci permetterà di raffinarci. Nel secondo non avremo nessun riscontro, ma magari ci saremo divertiti un sacco. Da qui un’altra importante riflessione: cosa stiamo cercando?

Manuela Beillard – Insegnante di Taiji della Scuola Tian Dao metodo Patrick Kelly

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