inefficacia o inconcludenza

L’inefficacia

Sono molte le caratteristiche negative che ci ostacolano. Abdullah Dougan ne fornisce un’ampia panoramica ed annovera, tra le principali, l’inefficacia o inconcludenza. Non si riesce a portare a termine qualcosa che ci si era prefissati. Forse ci si dimentica perfino di esserci ripromessi qualcosa o perché. Accade spessissimo, magari vogliamo alzarci all’alba per andare a fare una passeggiata e quando suona la sveglia ci giriamo dall’altra parte, oppure vorremmo andare a lezione di taiji ma fa freddo restiamo a casa. L’inefficacia, come ogni altra caratteristica, ha tantissime sfaccettature e può non essere così evidente come negli esempi appena fatti, oppure può mescolarsi ad altre caratteristiche. Spesso è associata alla pigrizia, talvolta alla paura, all’insicurezza, alla vanità. Si può essere inefficaci anche quando non si è capaci di affermare qualcosa e portarla fino in fondo, quando non si è in grado di prendere una decisione. Si può oscillare nell’indecisione tra due poli senza che ci sia una terza forza che interviene a conciliare. Rientra nell’inefficacia anche dire a se stessi “non sono abbastanza bravo, non sono capace”; in questo modo, continuando a dare una suggestione negativa al nostro sistema, ci si preclude a priori ogni possibilità.

Come esseri tricentrici possiamo essere inefficaci a livello mentale, emozionale o nella parte motoria. Possiamo anche essere inefficaci nell’ego, nel corpo, nell’essenza o nello spirito. Lo spirito è inefficace a causa del rumore che arriva dalle altre parti che battibeccano fra loro*.

L’inefficacia può bloccarci nel percorso: vorremmo lavorare per la nostra evoluzione, ma…

Una volta che si è iniziato, bisogna lavorare più diligentemente possibile sul proprio livello*, con sincerità, pazienza e perseveranza. Quando si inizia seriamente a lavorare su di sé, le nostre frequenze si alzano e si può trovare il coraggio di guardare dentro il proprio vaso di Pandora. È imbarazzante vedere i nostri lati oscuri. C’è chi adotta la tecnica dello struzzo, nasconde la testa sotto la sabbia e abbandona il lavoro; così perde l’occasione di lavorare sulla manifestazione esteriore del lavoro e anche (sul)la vera manifestazione all’interno di sé*. E poi ci sono gli eroi, che non sono meglio degli altri, ma che, nonostante la fatica, percorrono quella strada senza indugi. Il più delle volte, superato lo “shock”, il nostro ego, che non può sopportare di avere quel certo difetto, pone una sorta di cuscinetto, qualcosa del tipo “penso che soltanto recentemente io sia diventato indeciso*”. In realtà lo si era anche prima, ma ora è cambiato il punto di vista, si vede meglio. Se sei consapevole di una debolezza questo ti sveglia, ed è sempre un vantaggio. È ciò che vogliamo – è opportuno essere capaci di usare queste cose oggettivamente. Non dobbiamo andare a cercare cose per lavorarci su, perché tutto il materiale è qui che aspetta*. Dopo aver visto il nostro limite, si cerca di intervenire: possono volerci anni, o decenni, ma prima o poi qualcosa comincia a cambiare. Se non cambia mai nulla probabilmente c’è un errore iniziale che ha fatto deviare dal lavoro.

Come lavorare sull’inefficacia quindi? Innanzitutto bisogna vederla, e accettarla nonostante la fatica. Successivamente si possono adottare alcune strategie. “Se cambi l’auto-suggestione, la rendi positiva, questo ti aiuta a diventare più efficace”; “la strada migliore per combattere l’inefficacia nella vita ordinaria è di sviluppare un sistema e mantenerlo, stabilendo ragionevoli obiettivi e portandoli a compimento”; “se gli standard di efficacia di qualcun altro sono più alti dei tuoi, impara da questo”.*

Mi sento di aggiungere che il Taiji è un metodo talmente completo che ci permette di lavorare sull’inefficacia attraverso il corpo, in due modi: si può usare l’intenzione, cioè la parte attiva della mente profonda che, insieme con la consapevolezza, permette di sviluppare intelligenza a quel livello; oppure ci si può porre l’obiettivo, per esempio, di imparare tutta la sequenza della forma, o di ammorbidire il movimento e via dicendo, e si persegue quell’obiettivo. Così si lavorano due cose contemporaneamente, l’inefficacia e il miglioramento corpo.

inefficacia o inconcludenza
Abdoullah Dougan

Inoltre, come per tutto ciò che riguarda la sfera emozionale, possiamo portare le situazioni in cui siamo stati inefficaci nel daily dying. Si tratta di un antichissimo esercizio, presente in molte tradizioni e simile all’esame di coscienza, che consiste nel portare una situazione difficile ad un livello di mente sufficientemente profondo da permetterci di vedere la situazione stessa da un’altra angolazione e con maggiore chiarezza.

Infine, per quella che è la mia esperienza al mio livello, trovo che avere una motivazione sia determinante: se ho ben chiaro perché mi sono posto un obiettivo, quella motivazione, purché sincera e non egoistica, mi sostiene; se invece vado avanti per inerzia o per abitudine a un certo punto mi ritrovo a fare altro, catturato come un marinaio dal canto delle sirene.

* Abdullah Dougan, The quest; part 2; negative attitudes, Gnostic Press

 

Alessia F. Alberti, allieva di Taiji della Scuola Tian Dao Taiji

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